Attilio Cicchella: Note in margine all’editio princeps della “Bibbia”
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20. listopadu 2018
10:00 – 11:40 - posluchárna C43, budova C, FF MU, Arna Nováka 1, Brno
Série přednášek zahraničních hostů v rámci semináře "Italská a románská filologie".
Attilio Cicchella (Università di Torino)
Note in margine all’editio princeps della “Bibbia” in volgare italiano. Un capitolo di storia della tradizione.
La collazione integrale della tradizione manoscritta degli Actus apostolorum volgarizzati da Domenico Cavalca, composta da sedici codici cronologicamente distribuiti lungo un secolo, dalla metà del Trecento, fino all’inizio degli anni Sessanta del Quattrocento, oltre ad aver portato a una moderna edizione critica improntata al rispetto dei canoni neo-lachmanniani, ha permesso, mediatamente, di far luce ‒ almeno in parte ‒ sull’intricata vicenda editoriale della Bibbia in italiano.
L’editio princeps degli Atti degli Apostoli cavalchiani coincide infatti con quella della Bibbia italiana stampata a Venezia il primo agosto del 1471, a cura di Niccolò Malerbi, per i tipi di Vindelino da Spira. Sebbene l’editore rivendichi con fermezza la paternità della traduzione, l’opera del frate camaldolese si dipana, in particolare lungo il Nuovo Testamento, come una monumentale teoria centonistica di volgarizzamenti trecenteschi; il Malerbi, infatti, si limitò a controllare e quindi a setacciare linguisticamente il materiale neotestamentario preesistente, tra cui l’opera lucana nella versione volgarizzata da Domenico Cavalca, verosimilmente nota all’editore nella facies linguistica fiorentinizzante, e non in quella originaria tosco-occidentale, oggi testimoniata dal solo cod. Ricc. 1762 (sec. XIV, metà). La versione degli Atti tràdita dalla Bibbia si distacca ancor più profondamente dall’originario dettato cavalchiano a partire dalla lingua, che nella vulgata malerbiana parrebbe riflettere una sorta di koinè settentrionale. L’opera del domenicano è tuttavia stravolta non solo in superficie, ma ab imis fundamentis: il Prologo del Cavalca è infatti sostituito con quello di san Girolamo, tradotto dallo stesso Malerbi, al quale si deve inoltre una generale destrutturazione di una materia ormai adespota, divisa modernamente in ventotto capitoli e non nei trentadue previsti dall’originario progetto autoriale. Ciononostante, grazie a una collazione per locii, si cercherà di ipotizzare da quale rivolo della tradizione cavalchiana discenda il testo malerbiano.
- Pořadatel
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Ústav románských jazyků a literatur (Filozofická fakulta)
- Odpovědnost
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doc. Paolo Divizia, Dottore di Ricerca
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